26 Marzo 2023 In News

Allineamento alla best practice funzionale al cram down

Il cram down erariale disciplinato dalla legge fallimentare e dal Codice della crisi si fonda sul presupposto che la proposta formulata dal debitore, in sede di concordato preventivo o di accordo di ristrutturazione dei debiti, sia più conveniente per il creditore pubblico rispetto all’alternativa liquidatoria.

Giurisprudenza, dottrina e prassi recenti hanno contribuito a fornire un quadro sufficientemente completo e chiaro degli elementi da considerare nella valutazione di convenienza della proposta, così da indirizzare la sua accettazione o il suo rigetto da parte dell’Erario, o l’eventuale omologazione “coattiva” da parte del Tribunale.

Utili indicazioni sono contenute anche nella circolare dell’Agenzia delle Entrate n. 34/2020 che, pur vincolando solo gli uffici di Amministrazione finanziaria, rappresenta un ineludibile elemento di riferimento per le imprese e i loro consulenti.

Ciononostante, si registrano condotte da ambo  i  lati del rapporto che paiono discostarsi dalla migliore prassi.

Il Tribunale di Lecce 17 ottobre 2022, ad esempio, ha escluso il cram down per un accordo di ristrutturazione dei debiti, ex art. 182-bis del RD 267/42, a fronte del ricorso presentato dal debitore, una volta acquisito il parere negativo dell’Erario sulla proposta formulata.

In questo caso, verificato che il voto dei creditori pubblici era essenziale per il raggiungimento del 60% dell’esposizione da ristrutturare, i giudici hanno ritenuto ben motivato il dissenso del creditore pubblico. E tanto sulla base di due argomentazioni.

La prima è rappresentata dalla circostanza che il valore del compendio immobiliare da cui doveva essere tratta la gran parte delle risorse finanziarie per la soddisfazione dei creditori era stato stimato per un ammontare inferiore a quello OMI. Il CTU, nella specie, aveva confermato tale evidenza e precisato che il valore di mercato era superiore al prezzo  offerto  da terzi nel preliminare a supporto della proposta di ristrutturazione.

Nel caso in esame, evidentemente, i giudici hanno ritenuto carente il profilo probatorio del piano e l’attestazione  – in particolare quanto al requisito della veridicità – aspetto che richiama l’opportunità di rinforzare l’oggettività e la terzietà delle valutazioni di piano, anche mediante “second opinion”, da parte di advisor e attestatore.

Il secondo elemento è rappresentato dalla mancata stima, nella valutazione dell’alternativa liquidatoria, di quanto recuperabile da azioni revocatorie e di responsabilità e dalla conseguente carenza rinvenuta nel piano e nell’attestazione. È ben vero, come recitano i Principi di attestazione dei piani di risanamento approvati dal CNDCEC (§ 4.9.4), che siffatte verifiche competono al commissario giudiziale, ma l’assenza di quest’ultimo nei procedimenti di omologa dell’accordo pare suggerire la necessità che tali attestazioni siano corredate da valutazioni di questo tipo, come evidenziato peraltro dai giudici.

Sul medesimo tema si registra anche la Corte d’Appello di Lecce 17 febbraio 2022, che ha rigettato il ricorso presentato avverso il provvedimento con il quale il Tribunale aveva omologato – con cram down – un concordato con transazione fiscale pur in presenza del voto negativo di un creditore pubblico per una impresa esercitante attività di clinica sanitaria convenzionata. In questo caso, pare che il disallineamento dalle best practice fosse in capo all’Amministrazione finanziaria, che ha motivato il rigetto della proposta di transazione per la circostanza che, a suo dire, il piano di concordato aveva mistificato la causa della crisi. Quest’ultima, a parere dell’Ufficio, non andava individuata nelle tensioni finanziarie generate dal ritardo nei pagamenti dell’ASL competente per i corrispettivi relativi a prestazioni rese in convenzione (come confermato anche dal commissario giudiziale e dall’attestatore), quanto da una sorta di mala gestio operativa, il cui principale segnale era individuabile nella sistematica omissione dei versamenti di tributi e contributi. L’Ufficio aveva, quindi, ritenuto valida la motivazione del rifiuto di aderire alla transazione fiscale in base alle indicazioni della circolare n. 34/2020, che raccomanda agli Uffici di valutare le condotte del contribuente riconducibili a una sistematica e deliberata violazione di obblighi fiscali.

Al riguardo i giudici hanno evidenziato l’estraneità di tale motivazione alla disciplina concorsuale. Una lettura, questa, che si ritiene di condividere, anche alla luce di quanto previsto nel § 3.4.2 della medesima circolare n. 34/2020, in base al quale i precedenti fiscali del contribuente, considerato che gli stessi sono ordinariamente oggetto di verifica nel corso delle attività di controllo formale e sostanziale, non sono generalmente esaminati in sede di valutazione  della  proposta  e che le condotte di violazione degli obblighi tributari, pur se rientranti nell’ambito della valutazione condotta dall’Ufficio, non assumono “autonoma rilevanza”.

Fonte : Eutekne.info

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